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Decreto Minniti e accoglienza diffusa, le proposte al Ministero di Regione Toscana e Anci Toscana

(In collaborazione con Toscana Notizie - Agenzia di informazione della giunta regionale)

FIRENZE - Regione Toscana e Anci Toscana hanno di recente formulato al Ministero e alle Prefetture toscane una proposta di integrazione allo schema generale di capitolato d’appalto approvato con il D.M. del 7 marzo 2017, che tenga conto delle specificità del modello di ‘accoglienza diffusa’ tipico della realtà regionale toscana, così come sollecitato da molti Comuni e dalle organizzazioni del Terzo Settore.
 

La proposta punta ad evitare le criticità che inevitabilmente deriverebbero dall’applicazione tout court delle disposizioni delineate dal Decreto. Il modello di capitolato disciplina infatti secondo uno schema unico molteplici tipologie di centri, ma così facendo entra in più punti in contraddizione con la sostenibilità del modello dell’accoglienza diffusa.

 

Le problematicità dello schema unico di capitolato sono state discusse da Regione Toscana e Anci Toscana presso la Prefettura di Firenze, alla presenza di tutti i Prefetti della Toscana, del Capo Dipartimento Libertà Civili e Immigrazione del Ministero dell’Interno e dei rappresentanti di Anci Nazionale. A questo incontro è seguito un ulteriore momento di approfondimento con il Capo Dipartimento presso il Ministero dell’Interno. Le proposte di integrazione avanzate sono il risultato di questi incontri, e della volontà comune di adattare lo schema senza alterarne gli elementi essenziali. A questo fine sono stati presi in rassegna i bandi di diverse Prefetture italiane e sono state selezionate le soluzioni migliori già adottate per superare le diverse criticità dello schema Minniti.

 

In particolare dunque si richiede di prevedere nell’offerta che l’accoglienza venga effettuata in appartamenti di civile abitazione o in subordine in centri collettivi che abbiano una capienza non superiore ai 30 posti.

 

Segue la proposta di modificare le prescrizioni riguardanti il rilascio di un tesserino elettronico (badge) o altre forme di controllo e monitoraggio manuale per la registrazione delle entrate e delle uscite a cura degli operatori. L’installazione di simili impianti elettronici risulterebbe infatti particolarmente onerosa e incompatibile con i centri di piccole dimensioni già in utilizzo. Oltretutto, anche la sola registrazione manuale altererebbe la funzione educativa e di tutoraggio e sostegno dell’operatore CAS, ridotto così al ruolo improprio di custode o vigilante. In alternativa si propone invece un più semplice monitoraggio delle presenze giornaliere, con comunicazione quotidiana alla Prefettura.

Un’altra richiesta è quella di definire chiaramente standard e modalità di accreditamento dell’insegnamento di lingua italiana attraverso il riconoscimento del CPIA come ente deputato all’insegnamento linguistico, evitando così di lasciare totale autonomia a ciascun ente gestore come unico responsabile dell’erogazione del servizio. Agli stessi si chiede invece di prevedere proposte operative che facilitino l’inserimento lavorativo degli ospiti e il loro accompagnamento in progetti di volontariato volti alla coesione sociale.


Per quanto riguarda la normativa in materia di erogazione dei servizi e assistenza sanitaria, si chiede di ricondurre le prestazioni richieste dallo schema di capitolato ai servizi erogati dal servizio sanitario regionale secondo la disciplina regionale e attraverso i regolari presidi sanitari territoriali del SSN, consapevoli che a tal fine sia necessaria una maggiore organizzazione del servizio e una stretta collaborazione tra servizi ed enti gestori.

 

In questo modo si spera non solo di poter rispondere in modo efficace al fenomeno migratorio, ma anche di rendere le politiche di accoglienza parte integrante delle politiche di welfare locale, cogliendo i nuovi arrivi sul territorio come un’occasione per ridefinire e qualificare il sistema dei servizi sociali nel suo complesso.