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Cittadinanza attiva, reti educative e servizi territoriali: le strategie di FAMI Teams per nuove comunità aperte e coese

(In collaborazione con Toscana Notizie - Agenzia di informazione della giunta regionale)

Si è svolto lo scorso giovedì 26 gennaio presso l’Educatorio Il Fuligno di Firenze “Sviluppo di comunità, inclusione e coesione sociale: il valore delle reti territoriali”, l’evento finale del progetto TEAMS - Tuscany Empowerment Actions for Migrant System. L’evento è stato un’occasione per raccontare il progetto, ma anche per continuare a riflettere sui temi della cittadinanza attiva, delle reti educative e dell’accesso ai servizi sociali. Nell’arco della giornata si sono alternate le voci di “ispiratori e ispiratrici" che hanno offerto la propria prospettiva sulle sfide da affrontare su questi tre temi per portare  nuove pratiche incentrate sulle persone e sulle loro specificità all’interno dei servizi generalisti.

 

CITTADINANZA ATTIVA

La prima a intervenire sul tema della cittadinanza attiva è Sonila Tafili, Project Manager per Cospe Onlus e una delle fondatrici di IPartecipate: un’associazione giovanile che nasce nel 2015 da un progetto sperimentale sulla partecipazione promosso da Anci Toscana, con l’obiettivo di attivare e incentivare la partecipazione di cittadini con background migratorio e in particolare dei giovani. 

L’intervento di Sonia Tafili si è aperto con una domanda rivolta al pubblico: “Ma i migranti partecipano davvero? Hanno voglia di partecipare?”. Secondo Tafili, per capire se un migrante può o vuole partecipare attivamente è fondamentale prendere in considerazione due aspetti. Il primo è che i cittadini di paesi terzi spesso sono disabituati a partecipare perché vengono da contesti socio-politici in cui la partecipazione non è scontata o non avviene in modo pieno e reale. Questo discorso è un po’ diverso per le seconde generazioni che sono più aperte a questa possibilità essendo nate e/o cresciute in Italia. Il secondo aspetto è che tanti migranti considerano la partecipazione attiva come un privilegio e chi arriva in Italia spesso non ha nell’immediato accesso a informazioni sulle effettive possibilità di partecipazione. “C’è ancora un lavoro enorme di advocacy, impegno e riconoscimento legale che va fatto” ha raccontato Tafili, “in termini di diritto di voto per cittadini di paesi terzi alle amministrative e alle regionali, ma anche alla modifica della legge sulla cittadinanza.” 

Il confronto è proseguito grazie alle domande del pubblico, che è intervenuto chiedendo a Tafili quali spazi e strumenti concreti possono essere impiegati per favorire la cittadinanza attiva dei cittadini di Paesi terzi. Secondo Tafili è fondamentale partire uscendo dalla logica del beneficiario ed entrare in quella del cittadino o della cittadine che contribuisce attivamente alla politiche del territorio, perché “per passare dalla cittadinanza teorica a quella pratica è utile trovare spazi in cui chi è realmente motivato possa essere ascoltato e mettere in pratica le proprie idee con un sostegno concreto.”

 

RETI EDUCATIVE

A intervenire sul tema delle reti educative sono stati Daniela Luisi, ricercatrice e membro del Direttivo dell'Associazione Riabitare l'Italia e dell'Assemblea del Forum Disuguaglianze e Diversità e SiMohamed Kaabour, attivista e fondatore di Nuovi Profili e Presidente, del CoNNGI - Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane.

I due interventi hanno offerto una prospettiva interessante sui patti e le alleanze educative  territoriali tra scuola, enti locali, civismo attivo, Terzo settore, imprese profit e no profit, che hanno lavorato sul contrasto alla povertà educativa riunendo forze attive e competenti presenti dentro e fuori la scuola e coinvolgendo le istituzioni locali per la costruzione di vere e proprie comunità educanti. Da questo punto di vista, le sperimentazioni sono strumenti utili in un’ottica di apprendimento istituzionale e possono essere trasferite nelle politiche ordinarie di contrasto alla dispersione scolastica e alla povertà educativa attraverso sforzi importanti di integrazione tra settori spesso differenti.

 

A fare la differenza in queste esperienze però secondo gli speaker è anche la qualità delle associazioni coinvolte e delle reti educative che si sono attivate, il cui valore aggiunto sta nella costruzione e nella condivisione di reti di progetto che diventano sempre più ampie e sempre più complesse per la gestione di beni comuni, per la riqualificazione di spazi dismessi o di progetti che devono vedere la valorizzazione degli apprendimenti. “La sostenibilità di queste esperienze di alleanze educative non passa solo da un bando tematico e da un finanziamento frammentato” ha ricordato Daniela Luisi, “ma dal riconoscimento dei risultati che le reti vere realizzano con le scuole e con la comunità più ampia.” 

Anche per questo, secondo SiMohamed Kaabour “diventa fondamentale pensare alla scuola non solo come uno spazio fisico, fatto di campanelle, di parole, di bambini, di docenti e di genitori che a volte entrano, ma anche di uno spazio temporale che sconfina. La scuola deve avere un volto e un carattere: un volto autentico e capace di legittimare tutte le sfumature di italianità che ci sono oggi ma anche un carattere deciso per essere disponibile ad accogliere tutte le diversità per poi reinterpretare in termini educativi e didattici.”

Un tema importante questo, che ha attirato l’attenzione del pubblico. Durante il momento di confronto si è parlato di come supportare le scuole a supportare le difficoltà di inserimento al fine del contrasto alla dispersione scolastica. “È importante partire imparando a riconoscere la dispersione scolastica e capire anche i non detti” ha ricordato Luisi, “conoscendo le storie dei ragazzi e delle ragazze che vivono la scuola perché la scuola è chiamata a una sfida importante che si vince solo investendo molto in termini di innovazione didattica, di competenze socio emotive.” 

 

SERVIZI TERRITORIALI

In materia di servizi territoriali è intervenuto Marco Verna, della Direzione servizi sociali del Comune di Firenze. Nel suo intervento, Verna ha raccontato come l’esperienza di Teams abbia prodotto azioni specifiche che hanno provato a rispondere a sfide quotidiane dei cittadini e delle cittadine di paesi terzi. Nell’ambito del progetto infatti sono state implementate le figure di assistenti sociali dedicati ai percorsi specifici per le famiglie con background migratorio e finanziate ore di mediazione linguistico-culturale dedicata.

“Quando si parla di presa in carico e reti orientate è importante tenere presente che questi servizi non hanno come obiettivo di svolgere un accompagnamento infinito” ha spiegato Verna. “La persona che vive una condizione di fragilità deve essere accompagnata in un percorso che possa fornirgli strumenti per essere autonoma nell’accesso ai servizi del territorio e il progetto Teams si è mosso proprio in questo senso. Alla luce di queste considerazioni, cosa non deve mancare nel territorio per far fronte alle difficoltà delle persone con background migratorio? Quali sono le buone pratiche che possiamo condividere?”

Quesiti che hanno stimolato il pubblico a porsi ulteriori domande sul ruolo della mediazione all’interno dei servizi. Nel confronto, partecipanti e speaker hanno concordato sulla necessità di stabilizzare queste figure che, come ricorda Verna, “andrebbero supportate con formazioni adeguate non solo sul fronte linguistico ma anche culturale in modo tale da fare da ponte fra i sistemi del paese di origine e i sistemi italiani. Perché essere preparati ad accogliere significa far arrivare le persone e metterle nella condizione di esprimere il loro bisogno.”