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La strategia dello sfruttamento lavorativo: pubblicato il rapporto FLAI – CGIL e Altro Diritto che fa il punto sulla situazione in Italia. Coinvolta anche la Toscana

(In collaborazione con Toscana Notizie - Agenzia di informazione della giunta regionale)

81 inchieste in tutta Italia di cui 28 processi intrapresi e 53 di cui non sono al momento disponibili tutti gli atti per motivi di riservatezza. Questo il corpus di analisi del secondo rapporto sullo sfruttamento lavorativo realizzato dal centro di ricerca interuniversitario l’Altro Diritto insieme alla FLAI – CGIL nazionale che raccoglie le notizie giornalistiche sulle inchieste e recupera gli atti dei procedimenti. “L’esigenza – spiega Chiara Stoppioni dottoranda all’Università di Firenze in Filosofia del diritto e curatrice del rapporto insieme al professor Emilio Santoro – nasce dalla necessità di monitorare nel tempo i modelli applicativi delle Procure  e sviluppare il monitoraggio delle nuove norme in vigore per capire come si consolidano in itinere”. Il rapporto illustra i dati di un fenomeno che si sviluppa su tutto il territorio nazionale nonostante spesso lo sfruttamento lavorativo sia associato al caporalato nel sud di Italia e mette in luce una pratica diffusa in tutti i comparti produttivi dove lavorano sia cittadini italiani che stranieri.

Una vera e propria strategia di produzione atta, in primo luogo, ad abbattere i costi e che si ripercuote quindi sull’ultimo anello della catena di produzione: il lavoratore che spesso si orienta nel mondo del lavoro senza tutele e che altrettanto frequentemente non si rende conto di essere sfruttato. La fotografia dei lavoratori in questa analisi – specifica Chiara Stoppioni – ribalta un’altra tendenza cui si è soliti pensare: non è vero infatti che molti lavoratori non abbiano i titoli per stare sul territorio poiché sono coinvolti molti cittadini comunitari e molti richiedenti asilo”. “In Toscana - continua la dottoranda  cui chiediamo un focus sulla regione – ci sono diversi fenomeni sui territori. Per esempio nell’aretino per quanto riguarda la produzione orafa nelle imprese artigiane, in provincia di Pisa nel settore della lavorazione del cuoio, nel Chianti e nella Maremma nella produzione agricola e a Prato nel tessile”. Il rapporto evidenzia anche le nette differenze tra le zone interessate poiché in tal senso, per esempio, nel pratese non si registra un sistema di caporalato; qui i sistemi produttivi che si basano sullo sfruttamento lavorativo riguardano in modo particolare le aziende cinesi che utilizzano direttamente le reti di connazionali, di richiedenti asilo o di cittadini stranieri. Non c’è in questo caso bisogno di un soggetto che trovi la manodopera sul territorio a differenza di quanto accade per esempio nella zona del Chianti dove il caporalato è più evoluto e si concretizza attraverso specifiche cooperative che gestiscono gli appalti di somministrazione di lavoro. “Attraverso queste cooperative – specifica Stoppioni – la manodopera è assunta solo in parte, lavorando in nero per il restante delle ore lavorative. Sono veri contratti strategici con i quali si fanno lavorare i lavoratori full time anche se il contratto prevede il part time e che non rispecchiano le condizioni lavorative che dovrebbero essere applicate da contratto”. A Firenze, nel settore agricolo si è registrato un caso simile con una cooperativa che intermediava i lavoratori in Toscana e in Veneto attraverso un meccanismo che forniva manodopera sistematicamente in condizioni di lavoro pesantissime. Una vera e propria organizzazione criminale con condotta non episodica ma organizzata nel tempo, motivo per cui è intervenuta la Direzione Distrettuale Antimafia. Con la riforma e l’introduzione dell’articolo 603 bis alla legge 199 del 2016 - con cui attualmente è possibile perseguire il datore di lavoro mentre prima ciò avveniva solo per il caporale - ci si chiede se il rischio di essere incriminati per i datori di lavoro colpevoli di sfruttamento sia esponenzialmente aumentato. A tal proposito conclude Stoppioni che “ la riforma non ha determinato una rilettura del fenomeno nel senso che continuano ad essere puniti i casi molto gravi ma ora esiste una norma ad hoc e si può applicare anche senza intermediari nel caso di sfruttamento, cosa che  prima non era possibile”.
Il rapporto è consultabile all’indirizzo: http://www.adir.unifi.it/laboratorio/secondo-rapporto-sfruttamento-lavorativo.pdf

 
(Foto da: wikipedia commons)

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