Quando i CAS incontrano la comunità locale: l’esperienza di Officine Cavane come modello di coesione sociale - #Accoglienza Toscana
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Quando i CAS incontrano la comunità locale: l’esperienza di Officine Cavane come modello di coesione sociale
Sono anni ormai che nella gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo in Italia, le istituzioni si trovano a fare ricorso alle strutture CAS (Centri di accoglienza straordinaria). Quello dei CAS è un espediente nato in una situazione di straordinarietà, segnata dalla mancanza di posti nelle strutture ordinarie di prima accoglienza o nei servizi predisposti dagli enti locali. Nella prassi del Viminale, questo sistema emergenziale è finito col diventare una modalità ordinaria di prima (e seconda) accoglienza, che per questioni di natura strutturale non sempre è in grado di garantire un’accoglienza di qualità come succede all’interno del sistema SPRAR. Per questo la Regione Toscana ha sostenuto, di pari passo con la promozione del Sistema SPRAR, un miglioramento nella gestione dei centri CAS; investendo nel coinvolgimento dei gestori per stimolare la condivisione di un modello di integrazione. Modello che rischia di essere compromesso dall’entrata in vigore del nuovo Decreto Legge Salvini.
I CAS, infatti, non sono tutti uguali. Nella provincia di Pisa c’è qualcuno che ha scommesso sull’integrazione sostenibile e di lungo periodo, inaugurando un circolo virtuoso per i richiedenti asilo e per la comunità locale che ha già attirato l’attenzione dei media locali e nazionali. Sono quelli di “Officine Cavane”, la nuova realtà dell’accoglienza nata a San Miniato grazie agli sforzi dell’associazione per la promozione sociale Tra i Binari, della cooperativa sociale La Pietra d’Angolo e dei cittadini residenti. Il team progettuale ha ristrutturato un casolare abbandonato da sette anni nelle campagne tra Pisa e Firenze, e nel renderlo un Centro di accoglienza straordinaria per 40 richiedenti asilo ha trasformato una zona abbandonata in un nuovo centro nevralgico per tutto il comune.
Il casolare di Officine Cavane infatti non è solo un posto dove vivere in serenità nell’attesa del riconoscimento del proprio status di rifugiato, ma un vero e proprio laboratorio di conoscenza reciproca e crescita personale. Accanto alla struttura abitativa è stata inaugurata una falegnameria, dove gli ospiti restaureranno mobili insieme a cittadini disabili, ma anche una ciclofficina, un progetto di volontariato internazionale Erasmus+, un percorso di social media storytelling e un laboratorio di teatro a cui partecipano, oltre ai richiedenti asilo, più di venti residenti della zona.
La sfida di “Officine Cavane” non riguarda soltanto l’accoglienza in senso stretto. Il progetto infatti ha già cominciato ad avere ricadute positive a cascata sulla comunità ospitante: oltre alle attività laboratoriali offerte ai cittadini residenti, le attività stesse di ristrutturazione dello stabile sono state un beneficio per chi dava in affitto un casolare abbandonato e hanno offerto nuove opportunità per alcune aziende del territorio.
La sede è stata inaugurata domenica 16 settembre alla presenza di centinaia di visitatori, tra cittadini privati e rappresentanti delle amministrazioni locali. Per l’occasione, i ragazzi hanno dato vita allo spettacolo teatrale “Tutti al Matrimonio”: la celebrazione di un vero e proprio “matrimonio tra l’Italia e il resto del mondo”, come l’ha definita Francesco Mugnari, regista teatrale e presidente dell’associazione “Tra i Binari”. Non solo belle parole, ma il manifesto programmatico di un progetto di innovazione sociale che è partito bene fin dall’inizio. La cittadinanza locale infatti è stata subito informata di quello che sarebbe successo presso il centro di accoglienza, ed è stata coinvolta direttamente nelle attività di ristrutturazione dello stabile.
Ed è forse questo un altro segreto del successo dell’iniziativa: la capacità degli organizzatori di mettersi in contatto con la comunità locale e chiamarla a prendere parte attiva ad un percorso di coesione sociale che riguarda chi accoglie tanto quanto chi viene accolto.
"In un periodo in cui siamo in guerra, abbiamo deciso da che parte stare, e abbiamo scelto la parte giusta", hanno spiegato all’inaugurazione Michele Baldini e Michela De Vita, della Pietra d'Angolo. “Pensiamo all'integrazione sia attraverso l'educazione sia attraverso la creatività. Sarà una zona aperta a tutti, chiunque vuol venire anche semplicemente 'a veglia' può farlo".
Le amministrazioni locali hanno dato il loro sostegno all’iniziativa, e lanciato un appello: "Ci mettiamo la faccia, siamo orgogliosi dell'iniziativa. Il problema principale dell'accoglienza riguarda le normative: chiediamo più autonomia agli enti come i comuni".
Nel futuro, Officine Cavane punta ad autosostenersi per spese come la ristrutturazione completa dello stabile, l’organizzazione di eventi, la gestione dei canali di comunicazione. Per questo motivo ha preparato una campagna di crowdfunding da 5mila euro che è stata già lanciata sulla piattaforma Eppela.