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Comunicare l’emergenza sanitaria ai cittadini di Paesi Terzi: le iniziative del Centro Salute Globale e della ASL Sud-Est

(In collaborazione con Toscana Notizie - Agenzia di informazione della giunta regionale)

Ad oggi le misure nazionali di contrasto alla diffusione del Covid-19 per promuovere la salute pubblica collettiva sono già ampiamente adottate da cittadini e istituzioni. Eppure, la richiesta univoca e trasversale di rispettare queste prescrizioni rischia di far emergere le contraddizioni di luoghi e situazioni marcate da disuguaglianze sociali - situazioni in cui la tutela della salute e la diffusione di informazioni presentano tratti di complessità fuori dall’ordinario cui serve prestare particolare attenzione. Èil caso delle persone senza dimora, spesso costrette a rimanere esposte a un potenziale contagio e prive dell’assistenza di un medico di base, ma rischia anche di essere il caso degli ospiti dei centri di accoglienza e delle persone cittadine di paesi terzi residenti sul territorio italiano. Cosa viene fatto e cosa si può fare in Toscana per evitare pericolose asimmetrie informative e garantire a chiunque permanga sul territorio regionale di tutelare la salute propria e degli altri?

Comunicazione chiara e dialogo costante: il lavoro del Centro Salute Globale

Maria Josè Caldes è direttrice del Centro di Salute Globale (CSG), la struttura di riferimento della Regione Toscana per il coordinamento e la messa in rete delle iniziative di salute delle aziende sanitarie che coinvolgono la popolazione straniera. “Siamo in una fase in cui coordinare i lavori è fondamentale” racconta ad #AccoglienzaToscana “perché questa emergenza ha colto tutti alla sprovvista, e le variabili in gioco cambiano in continuazione lasciando molti punti da chiarire. Il tema delle mascherine è emblematico: si è detto che servivano, poi che non servivano più, ora tornano a essere fondamentali. Come deve comportarsi allora il cittadino che va a fare la spesa? Se districarsi in queste indicazioni è difficile per un cittadino italiano, figuriamoci per il cittadino straniero.

Secondo la dottoressa Caldes la via da seguire passa quindi per l’adozione di una strategia di comunicazione sanitaria univoca, chiara ed accessibile a tutti. “Siamo nell’era dei social e dell’informazione plurale, ma oggi più che mai serve un’unica voce istituzionale ed affidabile a cui fare riferimento. Anche per questo nell’ambito del progetto iCare abbiamo preparato traduzioni in più lingue del decalogo delle buone norme igienico-sanitarie, che sono state diffuse a tutti i partner del progetto e alle aziende sanitarie con preghiera di trasmissione ai principali enti gestori e associazioni del proprio territorio”. A tale proposito sarà presto resa disponibile una traduzione in più lingue del materiale preparato da Regione Toscana, già disponibile online in lingua italiana.  

Ma come risponde il sistema di accoglienza della Toscana a questo periodo emergenziale? Ad oggi, dare una risposta univoca e circostanziata sembra ancora difficile. “Molti operatori dei centri di accoglienza hanno potuto formarsi in materia sanitaria, anche nell’ambito dei nostri percorsi formativi interdisciplinari” spiega la dottoressa “ma la situazione è particolarmente delicata, perché l’ultimo DPCM ha ridotto all’osso la presenza degli operatori nelle proprie strutture. Questo potrebbe creare difficoltà specialmente in centri dove non c’è la possibilità di avere stanze separate tra loro, e dove c’è un maggiore bisogno di affiancamento degli ospiti per il rispetto delle norme igienico-sanitarie. Per ora si tratta soltanto di un timore, ma contiamo di avere un quadro più chiaro a breve.”

Il Centro Salute Globale proprio in questi giorni sta portando avanti una rilevazione delle azioni intraprese sia da parte delle Aziende Sanitarie che delle associazioni, predisponendo delle mail in cui si pongono alle aziende, agli enti territoriali e alle associazioni che lavorano a vario titolo con cittadini stranieri una serie di quesiti volti a ricostruire lo stato dell’arte rispetto ad alcuni questioni cruciali: “il tentativo è quello di capire quanto prima cosa sta succedendo” spiega Caldes, “e quali sono le maggiori difficoltà incontrate, così da poterli supportare al meglio in questi momenti difficili insieme alle Aziende Sanitarie”. La rilevazione coinvolgerà le tre ASL toscane e gli enti gestori del territorio, con cui il Centro di Salute Globale ha potuto già stringere rapporti di collaborazione nell’ambito dei percorsi di formazione dei progetti FAMI SPRINT e ICARE. 

Mediazione e attivazione delle comunità: le sperimentazioni della ASL Sud-Est

“Comunicare efficacemente l’emergenza del Coronavirus ai cittadini stranieri è importante tanto quanto è importante comunicarla a tutti” racconta ad #AccoglienzaToscana Stefania Magi, dirigente medico della ASL Toscana Sud-Est, “ma è una sfida peculiare, perché richiede di adattare i propri strumenti per superare delle barriere linguistiche che ancora interessano una quota della popolazione straniera.” 
Proprio per questo la ASL Sud-Est ha deciso di dedicare grande attenzione ai cittadini stranieri residenti: un’utenza che può essere più difficile da raggiungere per i servizi sanitari rispetto agli ospiti dell’accoglienza, che possono trovare nel proprio operatore un punto di riferimento. “Se comunicare ai cittadini di paesi terzi era un elemento sfidante nella normalità, lo è ancora di più oggi che i servizi sanitari sono costretti a comunicare in remoto” ha spiegato la dottoressa Magi. “Oggi siamo così interconnessi che, dopo aver sentito 24 ore al giorno in televisione o sui social che bisogna stare a casa, lavarsi le mani e non recarsi al pronto soccorso in caso di sintomi, è facile dare per scontato che siamo tutti ugualmente aggiornati. Ma non è necessariamente così. Garantire ai cittadini di paesi terzi la conoscenza delle normative di prevenzione vuol dire tutelarli dal punto di vista sanitario, legale, ma anche dallo stigma sociale in cui oggi incorre chi non rispetta queste regole”
 
Per dedicarsi a tutti al meglio, la ASL ha attivato un numero telefonico dedicato ai servizi di informazione in lingue estere in materia di Covid-19, raccogliendo il suggerimento di alcuni medici di medicina generale. Il servizio è attivo dal lunedì al sabato, dalle ore 14:00 alle ore 16:00, ed è dedicato a tutti i cittadini dell’area vasta Toscana Sud-Est che parlano lingua araba, bengalese, francese, inglese, hindi e urdu. “Normalmente la mediazione si fa in presenza, puntando molto sui servizi territoriali e su un processo di presa in carico completo” spiega la dottoressa Magi, “mentre l’interpretariato telefonico è impiegato quasi esclusivamente per le urgenze. Ma in questa situazione straordinaria, abbiamo chiesto ai mediatori linguistico culturali, che ben conoscono i nostri servizi sanitari, di partecipare all’aggiornamento costante su regole di comportamento e riorganizzazione dei servizi sanitari per l’emergenza Covid, di fare attività di informazione specifica via telefono, e di sperimentare le videoconferenze dove serve un contatto diretto tra utente, mediatore e operatore sanitario”.

In certi casi però, rispondere soltanto alla richiesta di un servizio potrebbe non essere abbastanza. L’obiettivo della ASL, spiega la dottoressa Magi, è quindi di far lavorare i mediatori non solo come interpreti ma come veri e propri promotori della salute individuale e collettiva. La strategia adottata dalla ASL segue la logica dell’Educatore di Salute di Comunità (ESC): un modello di mediazione che grazie al progetto FAMI “ESCAPES” è già stato sperimentato insieme al Centro Salute Globale nelle città di Firenze e Grosseto. Il modello, presentato anche allo scorso convegno sulla mediazione interculturale, prevedeva il reclutamento e la formazione di mediatori che potessero raggiungere proattivamente le reti sociali dei cittadini stranieri, portando la sanità in quei luoghi dove i soli operatori delle ASL non sarebbero riusciti arrivare. 

“Spesso le comunità di stranieri ci sembrano chiuse” continua Magi “ma una volta trovata la giusta chiave di accesso le informazioni si diffondono al loro interno in un lampo”. Forte di queste esperienze, la ASL ha quindi chiesto a ciascun mediatore di “muoversi e promuoversi”, e di diffondere attivamente le informazioni a tutti i loro contatti via Whatsapp e altri canali informali. 

La ASL ha contattato di recente anche gli operatori dell’accoglienza delle province di Arezzo, Grosseto e Siena. Il dato, per ora è limitato a un campione di 6 gestori di una sola area vasta, offre un quadro incoraggiante della gestione del rischio in Toscana. “Chi può, soprattutto i gestori SIPROIMI che sono meglio attrezzati, fanno addirittura lezioni di italiano online” racconta la dottoressa, “ma anche nei centri CAS i ragazzi sembrano aderire pienamente alle regole, uscendo solo per esigenze di lavoro e gestendo il resto del tempo a ‘casa’ autonomamente. Certo di paura ce n’è, ma va notato che si tratta spesso di persone giovani provenienti dall’africa sub-sahariana: a differenza di chi è nato in Italia, per molti di loro questa non è la prima emergenza che si trovano ad affrontare. E anche la ‘reclusione’ per alcuni di loro, purtroppo, non è proprio un’esperienza del tutto nuova.” 

In ogni caso, l’accoglienza nei centri collettivi, per quanto meno diffusa in Toscana rispetto all’accoglienza straordinaria in unità abitative, resta un terreno delicato - e le aziende sanitarie non hanno intenzione di abbassare la guardia. I servizi di prevenzione conoscono le strutture di accoglienza dove fanno controlli periodici, e in caso di necessità di isolamento saranno valutate le singole situazioni per individuare le soluzioni più idonee, come per tutti i cittadini. 

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Immagine tratta da: https://www.piqsels.com