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Decreto Salvini, la conferenza stampa degli assessori Bugli e Funaro: letale per l’integrazione

(In collaborazione con Toscana Notizie - Agenzia di informazione della giunta regionale)

FIRENZE - Che effetti avrà sulla gestione dell’immigrazione in Toscana il decreto sicurezza? Ne hanno parlato in conferenza stampa l’assessore regionale all’immigrazione e alla sicurezza Vittorio Bugli, e Sara Funaro, assessore di Firenze e responsabile dell’immigrazione di ANCI Toscana. Secondo le stime dei due assessori, il decreto Salvini sarà non soltanto “letale per l'integrazione” ma anche “dannoso anche per la sicurezza”.

Delle 11mila persone presenti in Toscana nei CAS e negli Sprar (30 settembre 2018), più di 5.000 rischiano di trovarsi in una condizione di irregolarità e quindi di non poter avere accesso ad alcun tipo di servizio o dotarsi di un normale contratto di lavoro. Oltre 3.000 di questi diventeranno irregolari per la sola abolizione del permesso di soggiorno per protezione umanitaria - una forma di tutela che va da sei mesi a due anni rinnovabili, sancita anche dalla Costituzione.

"Noi siamo per l'integrazione” hanno ribadito i due assessori “ma forse, anche chi la pensa diversamente avrebbe dovuto prima verificare che il meccanismo dei rimpatri, quattrocento al mese in tutta Italia oggi, fosse in grado di far fronte ai numeri immediati che il provvedimento creerà”. Tra gli ospiti delle strutture di accoglienza infatti, in molti “finiranno in una zona grigia, lasciati allo sbando: senza protezione per loro e senza sicurezza per le comunità. Si tratta di un impatto negativo e preoccupante.”

 

 

Oltre al permesso per protezione umanitaria, il decreto legge mina le fondamenta del modello di accoglienza diffusa toscano. Secondo Bugli “il CAS diventerà ancor più un parcheggio di quello che è oggi, sancendo per legge che gli ospiti di quei centri devono stare lì, in attesa e senza fare nulla". Oltretutto ancora non è chiaro che fine faranno gli Sprar dedicati ai casi vulnerabili, ad oggi unica risposta adeguata alle necessità di chi fugge da un’esperienza di guerra traumatica o soffre di gravi problemi psichici sviluppati nell’arco del percorso migratorio.

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